Commento al Vangelo di domenica 17 settembre

Commento al Vangelo di domenica 17 settembre, 
XXIV Domenica del Tempo Ordinario, con il commento audio di Don Fabio Rosini:

Libro dell’Ecclesiastico 27,30.28,1-7. 

Anche il rancore e l’ira sono un abominio, il peccatore li possiede. 
Chi si vendica avrà la vendetta dal Signore ed egli terrà sempre presenti i suoi peccati. 
Perdona l’offesa al tuo prossimo e allora per la tua preghiera ti saranno rimessi i peccati. 
Se qualcuno conserva la collera verso un altro uomo, come oserà chiedere la guarigione al Signore? 
Egli non ha misericordia per l’uomo suo simile, e osa pregare per i suoi peccati? 
Egli, che è soltanto carne, conserva rancore; chi perdonerà i suoi peccati? 
Ricòrdati della tua fine e smetti di odiare, ricòrdati della corruzione e della morte e resta fedele ai comandamenti. 
Ricòrdati dei comandamenti e non aver rancore verso il prossimo, dell’alleanza con l’Altissimo e non far conto dell’offesa subìta. 

Salmi 103(102),1-2.3-4.9-10.11-12. 

Benedici il Signore, anima mia, 
quanto è in me benedica il suo santo nome. 
Benedici il Signore, anima mia, 
non dimenticare tanti suoi benefici. 

Egli perdona tutte le tue colpe, 
guarisce tutte le tue malattie; 
salva dalla fossa la tua vita, 
ti corona di grazia e di misericordia.

Egli non continua a contestare 
e non conserva per sempre il suo sdegno. 
Non ci tratta secondo i nostri peccati, 
non ci ripaga secondo le nostre colpe.

Come il cielo è alto sulla terra, 
così è grande la sua misericordia su quanti lo temono; 
Come dista l’oriente dall’occidente, 
così allontana da noi le nostre colpe. 

Lettera di san Paolo apostolo ai Romani 14,7-9. 

Nessuno di noi, infatti, vive per se stesso e nessuno muore per se stesso, 
perché se noi viviamo, viviamo per il Signore, se noi moriamo, moriamo per il Signore. Sia che viviamo, sia che moriamo, siamo dunque del Signore. 
Per questo infatti Cristo è morto ed è ritornato alla vita: per essere il Signore dei morti e dei vivi. 

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Matteo 18,21-35. 

In quel tempo Pietro si avvicinò a Gesù e gli disse: «Signore, quante volte dovrò perdonare al mio fratello, se pecca contro di me? Fino a sette volte?». 
E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette. 
A proposito, il regno dei cieli è simile a un re che volle fare i conti con i suoi servi. 
Incominciati i conti, gli fu presentato uno che gli era debitore di diecimila talenti. 
Non avendo però costui il denaro da restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, con i figli e con quanto possedeva, e saldasse così il debito. 
Allora quel servo, gettatosi a terra, lo supplicava: Signore, abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa. 

Impietositosi del servo, il padrone lo lasciò andare e gli condonò il debito. 

Appena uscito, quel servo trovò un altro servo come lui che gli doveva cento denari e, afferratolo, lo soffocava e diceva: Paga quel che devi! 
Il suo compagno, gettatosi a terra, lo supplicava dicendo: Abbi pazienza con me e ti rifonderò il debito. 
Ma egli non volle esaudirlo, andò e lo fece gettare in carcere, fino a che non avesse pagato il debito. 
Visto quel che accadeva, gli altri servi furono addolorati e andarono a riferire al loro padrone tutto l’accaduto. 
Allora il padrone fece chiamare quell’uomo e gli disse: Servo malvagio, io ti ho condonato tutto il debito perché mi hai pregato. 
Non dovevi forse anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te? 
E, sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non gli avesse restituito tutto il dovuto. 
Così anche il mio Padre celeste farà a ciascuno di voi, se non perdonerete di cuore al vostro fratello».